Lettere spirituali by Giuseppe Rensi

Lettere spirituali by Giuseppe Rensi

autore:Giuseppe Rensi [Rensi, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788845981302
Google: 0nGrDwAAQBAJ
editore: Adelphi
pubblicato: 2019-08-28T22:00:00+00:00


Coscienza, «persona»! Pensa al significato iniziale, latino, della parola «persona», significato che serve a gettar molta luce su questa nostra discussione. È «maschera». Ed «eripitur persona, manet res».122 Tradotto nel nostro senso: strappa la coscienza acutamente personalizzata, che non è se non una mascheratura esteriore e superficiale, e rimane la res, la realtà sostanziale. – Si tratta, insomma, della distinzione corrente nella filosofia e teologia induista, tra mente o coscienza (come comunemente intesa) o ego, e spirito: dalla quale distinzione discende (tanto nell’Induismo quanto nel Buddhismo) il monito di considerare l’ego o la mente come impermanente e propriamente inesistente e di trasportare il proprio centro da esso allo spirito, costituente l’essenza profonda nostra e insieme del Tutto. E ciò di cui il Buddhismo dichiara l’inesistenza è probabilmente, anzi certamente, solo l’ego o mente (la coscienza superficiale e discorsiva) non già lo spirito subliminale. Non già la coscienza ma sì l’Ātman è il vero essere. «Il corpo non è l’uomo reale, e nemmeno la mente, perché anche questa cresce e decresce. È l’Anima che sta al di là e che può vivere eternamente». Così scrive un profondo espositore contemporaneo del Vedantismo (anzi un santo del Vedantismo), Vivekananda.123 E un altro, ancora più moderno, scriveva di recente: «When mind is given up the pure and spotless One remains. The ego (mind) is only an illusory conception in the Absolute Self. The ego or mind, being thus realized as an unreal or illusory feeling will lose itself in the Self».124 Così Mme Guyon nel Moyen court et très facile de faire oraison125 parla ad ogni momento del fondo e centro dell’anima, che si immedesima con Dio, e chiama Dio «il mio divino centro». E così Santa Teresa nel Castello interiore126 esprime la medesima distinzione tra io o coscienza e Ātman con le espressioni «el spiritu de esta alma», «centro de nuestra alma».

Scrive ancora Plotino: «Se dapprima uniti al Dio presente in silenzio (ἀψoφητί), per un movimento inverso da uno con lui diventiamo due, noi cominciamo ad avere la coscienza di noi stessi (ἀισθάνεται αὑτoῦ) fin tanto che ci sentiamo altro da lui. Correndo all’interno di noi possediamo di nuovo il tutto, e lasciata la coscienza (αἴσθησιν) torniamo indietro per paura di essere altro dal Dio; là c’è l’uno (εἶς ἐστιν ἐκεῖ)... Vedere il Bello come cosa differente da sé, non è ancora essere nel Bello. Divenuti il Bello, così siamo veramente nel Bello... Si conserva una certa intellezione e autocoscienza (σύνεις καὶ συναίσθησις) di noi stessi, ma non dobbiamo, col volerla troppo accentuare, allontanarci da lui»... La malattia si fa conoscere, non la salute. «Delle cose che ci appartengono in proprio non abbiamo sensazione, ed è quando siamo così che noi abbiamo intelligenza di noi stessi (ἐσμὲν αὑτοῖς συνετoί) e facciamo di noi stessi la conoscenza. E laggiù (κἀκεῖ) dunque quanto più siamo con la mente, tanto più sembriamo ignorare».127

Profondi pensieri.

La coscienza di noi stessi, quando diventa spiccata e solleva troppo il capo, ci stacca da quell’intimo e raccolto in sé fondo vitale



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